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La regista Ida Lupino in “Cinema, femminile plurale”
09/06/2025. “L’unica altra pioniera attiva durante gli anni del cinema classico americano, che ha cercato di scardinare il modo di rappresentare il femminile quanto Dorothy Arzner, è stata Ida Lupino, lavorando tanto sui miti e mostrando quanto il “cinema patriarcale” fosse il frutto di forzature e artificiosità – scrive Siria Frate nel saggio dal titolo Cinema, femminile plurale. Le donne che hanno fatto la storia della settima arte. Nata e cresciuta in Gran Bretagna, si trasferisce in America e si cimenta nella regia durante un contesto produttivo hollywoodiano abbastanza particolare. Prima della direzione artistica, però, Ida Lupino comincia la sua carriera come attrice e, seppur molto stimata dai suoi colleghi, non riesce a raggiungere il successo sperato. D’altra parte, era una donna molto ironica e, da sola, si divertiva nel definirsi la “Bette Davis dei poveri”, poiché recitava in ruoli precedentemente rifiutati dalla nota diva. Non sempre, però, riusciva a convivere felicemente con questa etichetta e spesso è stata “sospesa” dai manager della Warner, i cui Studios sono stati i primi ad averla accolta. Proprio in un periodo di sospensione, Lupino decise di osservare e studiare il lavoro di riprese e montaggio, comprendendo quanto quell’attività fosse più interessante della recitazione e concluse così, poco dopo, di voler investire in una casa di produzione indipendente da aprire assieme al marito, promuovendo film definiti B movies, poiché a basso budget. Con la sua Emerald Productions, Ida Lupino si pone come obiettivo quello di fare film di alta qualità, mantenendo il costo esiguo, e che si facciano portatori di un noir che possa includere elementi del woman’s film e del social problem film”.
Cinema, femminile plurale. Le donne che hanno fatto la storia della settima arte è un libro che esplora il rapporto tra le donne e l’industria cinematografica, investigando i dibattiti contemporanei sulla parità di genere nella settima arte, studiando i budget, i riconoscimenti e la (scarsa) presenza delle donne nei ruoli chiave del settore. La cinepresa diventa l’oggetto attorno al quale si discute del contributo al femminile in un panorama ancora oggi poco affermato, con una disamina approfondita dell’influenza di registe del calibro di Ida Lupino e Chantal Akerman, del silenzioso sguardo delle spettatrici illustrato secondo le teorie psicoanalitiche più ricercate e dell’impatto della critica cinematografica femminista promossa da professioniste come Laura Mulvey, Claire Johnston e Dorothy Arzner.
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