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L’importanza della dignità, un estratto da “Giuditta. Il ghetto di Roma, la dittatura fascista, la Resistenza”
24/01/2025. “Era Shabbat. Lea e Giuditta lo osservavano come potevano, rinchiuse nel loro appartamento sempre più claustrofobico – scrive Martina Galletta nel romanzo dal titolo Giuditta. Il ghetto di Roma, la dittatura fascista, la Resistenza. Da quando i tedeschi avevano preso il controllo di Roma, Marco e Livia, i loro benefattori, le avevano convinte a restare chiuse in casa. Alessandra, la figlia, portava loro del cibo quando possibile, di solito di notte, a luci spente. Il giorno prima aveva bussato alla porta per poi scomparire velocemente. Davanti all’uscio avevano trovato un piccolo cesto con patate, pane e broccoli. Giuditta ce l’aveva messa tutta per preparare una cena decente con quei poveri ingredienti. Nella loro cattività, la forma era rimasta l’unico modo per mantenere la dignità. Mangiavano sedute al tavolo, cercando di chiacchierare, dopo essersi pettinate e aver indossato l’abito buono.
Cedere al degrado sarebbe stata l’ultima sconfitta”.
Roma. Durante il ventennio fascista si rafforza il legame, nato nel 1917, nel pieno della Grande Guerra, tra Giuditta, una ragazzina ebrea, e Libero, un operaio comunista. La passione per la politica li unisce in modo così profondo che il loro legame sopravviverà a due conflitti mondiali, alla vergogna delle leggi razziali del 1938, alle deportazioni.
Un universo di personaggi accompagna i protagonisti in questo viaggio denso di ingiustizie e di dolore ma profumato di speranza. Giuditta è un tributo a Roma e alla Resistenza, alle vittime delle leggi razziali e alle decine di migliaia di donne e uomini che hanno dato la loro vita per la nostra libertà. Il racconto di un passato che ormai è quasi presente, un disperato e lucido appello alla Memoria e all’umanità.
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