“Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio” – il terribile 14 giugno del 1992
On Giugno 12, 2020 | 0 Comments

12/06/2020. Višegrad, Bosnia orientale, primavera del 1992. Dopo alcune settimane di occupazione e bombardamenti da parte dell’esercito regolare jugoslavo, ritiratosi il 19 maggio, la città viene sottoposta al controllo di un gruppo paramilitare guidato dai cugini Milan e Sredoje Lukić, che inaugurano un regime del terrore e dell’orrore. Il giornalista Luca Leone ha indagato a fondo nelle vicende di allora nel reportage scritto sul campo dal titolo Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio, da cui pubblichiamo un breve estratto.

“Il 14 giugno, nel succedersi degli eventi, appare come uno dei giorni più tragici della storia contemporanea di Višegrad: una settantina di persone – principalmen­te donne, bambini e anziani – vengono fatte entrare a forza e rinchiuse nella cantina di una casa di Pionirska ulica, una via non centrale. Tutte le persone sequestrate vengono derubate di ogni avere e alcune donne vengono stuprate davanti a tutti. Milan e Sredoje Lukić, Mitar Vasiljević e i loro paramilitari tirano una granata in casa attraverso una finestra. Poi Milan Lukić appicca il fuoco gettando dentro la casa un ordigno incendiario. Le fiamme uccidono almeno 55 civili (secondo alcune fonti, fino a sessanta): la vittima più anziana ha 75 anni, la più giovane è una bimba di soli due giorni di vita. (…). Alcune vit­time predestinate riescono a fuggire approfittando del fumo, non viste dagli aguzzini. Altre, invece, almeno una decina, vengono individuate e ammazzate senza pietà a colpi d’arma da fuoco. A sparare è soprattutto Milan Lukić, che di mestiere faceva il militare e aveva un’ottima mira. I pochi sopravvissuti testimonieranno al Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia (Tpi) de L’Aja contro i due cugini Lukić. In particolare contro Milan, il cui nome in codice presso il Tpi era Lucifero.

Nella stessa giornata, una cinquantina di uomini appartenenti al gruppo nazionale musulmano-bosniaco viene fatta salire a bordo di mezzi civili che compongono un convoglio con destinazione Tuzla. Lungo la strada i mezzi vengono intercettati e fermati dai mi­litari dell’esercito della Repubblica serba di Bosnia. I prigionieri sono costretti a salire su un autobus per essere portati a una cinquantina di chilometri da Višegrad, a Rogatica, dove passano la notte. Da qui la mattina del 15 giugno i prigionieri vengono fatti proseguire fino a Paklenik, dove vengono uccisi tutti tranne Ferid Spahić, che diventerà un testimone chiave. I resti dei morti vengono recuperati solo nel Duemila. Per que­sto crimine sono stati accusati solo Mitar Vasiljević, Nenad Tanasković e i due cugini Lukić.”

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